Destinazione incerta: regolazione aeroportuale all’indomani del COVID-19
La pandemia di COVID-19 ha avuto un forte impatto sulla salute pubblica, oltreché effetti significativi e di vasta portata sulla stragrande maggioranza dei comparti dell’economia. Le attuali restrizioni di viaggio a livello globale sono pervasive a tal punto che la maggior parte della popolazione mondiale si trova a vivere in Paesi sottoposti a una qualche forma di divieto o restrizione di viaggio; di conseguenza, il trasporto aereo risulta essere uno dei settori economici più drammaticamente colpiti. Quali saranno gli effetti di lungo termine sull’industria e quali possono essere le implicazioni per la regolazione economica?
Dopo diversi anni di forte crescita del traffico,1 l’ente rappresentativo degli aeroporti in Europa, ACI EUROPE, ha registrato alla fine di marzo 2020 una diminuzione del 97% del traffico passeggeri giornaliero in Europa rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.2 Il crollo del traffico passeggeri accomuna gli aeroporti di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, generando perdite di ricavi aeronautici e commerciali senza precedenti.
Il settore aereo si è visto costretto ad adottare misure drastiche nel breve termine nel tentativo di proteggere i flussi di cassa e di mantenere la solvibilità. Tali misure hanno incluso il ridimensionamento dei servizi per ridurre i costi operativi,3 la sospensione degli investimenti in conto capitale, il reperimento di ulteriori risorse finanziarie nei mercati4 e richieste di sostegno finanziario ai governi.
Per facilitare l’adozione di queste misure, norme e regolamenti consolidati nel tempo sono stati modificati o (temporaneamente) revocati. La Commissione europea ha sospeso l’applicazione della regola “use-it-or-lose-it“, che impone alle compagnie aeree di utilizzare l’80% degli slot di decollo e atterraggio acquisiti come condizione per il mantenimento degli stessi nell’anno successivo.5 La Norvegia ha annunciato la rimozione delle tasse al settore aereo nonché l’esenzione dalla legislazione sulla concorrenza e sulle concentrazioni.6 La Commissione europea ha risposto alla crisi fornendo anche indicazioni agli Stati membri e alle aziende sugli strumenti a disposizione delle autorità statali per offrire supporto, con linee-guida specifiche per il settore dei trasporti.7
Nonostante le misure messe in campo, le compagnie aeree, gli aeroporti e gli operatori dei servizi di navigazione aerea si trovano in una posizione precaria. Gli aeroporti sono infatti caratterizzati da notevoli costi fissi e devono al contempo continuare a onorare il proprio debito. La maggior parte di essi si troverà quindi in violazione dei covenant sul debito (basati sull’EBITDA). Molte compagnie aeree, che operano con margini ridotti e in alcuni casi già in difficoltà finanziarie prima della pandemia, non avranno le riserve di liquidità necessarie per sopravvivere a un lungo periodo di inattività.
Questa crisi avrà impatti importanti e duraturi su tutti i comparti della filiera del trasporto aereo. Oltre alle necessarie misure di breve termine, è importante dunque considerare quali cambiamenti si possano profilare come necessari nel medio e lungo termine. In questo articolo ci concentriamo su un aspetto in particolare: come la regolazione economica potrebbe doversi adattare per far fronte alle sfide poste dalla pandemia di coronavirus.
Cosa riserva il futuro?
Al fine di mettere a fuoco le implicazioni dell’attuale crisi per la regolazione futura degli aeroporti, è utile prima di tutto considerare brevemente quale potrebbe essere un potenziale percorso di ripresa del settore.
È difficile prevedere l’effetto a medio e lungo termine del COVID-19 sul settore del trasporto aereo. Ai precedenti shock degli ultimi decenni, come l’11 settembre, la SARS, la nube di cenere vulcanica islandese e la crisi finanziaria del 2008 hanno fatto seguito infatti profili di ripresa diversi. In alcuni casi, il traffico passeggeri ha ripreso rapidamente dopo alcuni mesi. Ad esempio, secondo l’International Air Transport Association (IATA), “la diffusione delle precedenti epidemie ha raggiunto il picco dopo 1-3 mesi e si è tornati su livelli di traffico pre-epidemia nell’arco di 6-7 mesi”.8 In altri casi, una piena ripresa del traffico ha richiesto tempi ben più lunghi. Nel Regno Unito, ad esempio, ci sono voluti nove anni prima che il traffico passeggeri tornasse ai livelli del 2007 dopo la crisi finanziaria del 2008.9
La natura senza precedenti dell’attuale pandemia implica che i profili di ripresa osservati successivamente a shock registrati in passato non forniscono probabilmente indicazioni di particolare utilità. Nella situazione attuale, la traiettoria specifica di ripresa della domanda dipenderà infatti da una serie di fattori attualmente di difficile previsione.
- La rapidità di eliminazione o allentamento delle restrizioni di viaggio e delle misure di distanziamento sociale. La velocità di ripresa del traffico può variare a seconda del tipo di viaggio: ad esempio, il traffico passeggeri nazionale potrebbe riprendersi più rapidamente rispetto a quello internazionale. Potrebbero inoltre esserci distinzioni a seconda delle aree geografiche, con impatti maggiori nei Paesi in cui il COVID-19 ha avuto maggior durata o in cui si registra un elevato numero di casi.
- Potenziali “rotture strutturali” nell’andamento della domanda dovute a risvolti comportamentali della pandemia sulla fruizione del trasporto aereo. L’impatto di questo shock potrebbe essere così profondo da condurre a una modifica più radicale e duratura dei comportamenti e delle preferenze dei consumatori rispetto ai viaggi aerei. Ad esempio, si potrebbero osservare cambiamenti permanenti nelle travel policy delle aziende o nella condotta dei singoli consumatori a fronte dei benefici ambientali evidenziati dalla riduzione del traffico aereo.
- Il più ampio impatto macroeconomico della pandemia e l’effetto sui redditi. A differenza di molti dei precedenti shock legati a epidemie, la crisi attuale avrà l’aggravante di associarsi a una profonda recessione. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha previsto che l’Italia e la Spagna, due dei Paesi europei più colpiti dal COVID-19 e che collettivamente rappresentano il 34% del traffico aereo dell’UE,10 vedranno diminuire il proprio PIL annuale, rispettivamente, del 9,1% e dell’8% nel 2020. In generale, gli analisti di molti Paesi sono concordi nel prevedere un periodo prolungato di calo del PIL e di alta disoccupazione. Lo scenario macroeconomico influenzerà quindi negativamente la propensione e la disponibilità economica a viaggiare, tanto più che il traffico passeggeri è tipicamente piuttosto sensibile alla crescita del PIL.
In ragione di quanto esposto, permane pertanto un elevato grado di incertezza sulle attuali previsioni di traffico. Allo stesso tempo però, vi è ampio consenso tra gli analisti sul fatto che il traffico aereo impiegherà un lasso di tempo significativo per ritornare ai livelli del 2019.
Implicazioni per la regolazione aeroportuale
L’impatto del coronavirus sul settore del trasporto aereo induce inoltre a interrogarsi sull’idoneità dell’attuale forma di regolazione economica degli aeroporti e su quali adattamenti potrebbero rivelarsi utili o necessari per far fronte alle circostanze eccezionali del caso.
Le tariffe di numerosi aeroporti europei sono stabilite dalle autorità di regolazione secondo un modello c.d. RAB (Regulatory Asset Base), descritto nel seguito di questa nota. Questo approccio fa affidamento su previsioni di costo e di traffico, in genere nell’arco di un periodo quinquennale, sulla base delle quali definisce l’andamento delle tariffe di un aeroporto.
Per gli aeroporti il cui periodo regolatorio è avviato, è probabile che emerga la necessità di rinegoziare, modificare o allentare i termini dell’accordo sul controllo dei prezzi, in quanto le ipotesi originariamente previste relativamente ai parametri di traffico, costi operativi, costi di capitale e livelli di servizio si discosteranno in tutta probabilità in modo significativo dalla realtà attuale.
In altri aeroporti, come Brussels Airport e Aéroports de Paris, in cui si era invece in procinto di ridefinire le tariffe per il prossimo quinquennio, è probabile che l’avvio del prossimo periodo regolatorio venga ritardato e che occorra dunque preparare nuovi business plan e rivedere le attuali previsioni. Anche altri procedimenti, come quello dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) sul futuro quadro regolatorio degli aeroporti italiani, sono stati prorogati.
Al di là di modifiche alle tempistiche e procedure nell’ambito dei controlli di prezzo e dei procedimenti regolatori in corso, la pandemia di coronavirus solleva un interrogativo più ampio sull’idoneità stessa di una forma di regime regolatorio di tipo RAB. La domanda è dunque se sia richiesto un ripensamento più ampio del modello regolatorio.
Il modello RAB è adeguato alle circostanze del caso?
Il modello RAB è ampiamente utilizzato nella regolazione delle utilities. Questo modello fornisce in sostanza alle società regolate la garanzia di recuperare la spesa sostenuta in maniera efficiente – che include gli investimenti in capitale, il cui valore viene riconosciuto nella RAB – più un equo tasso di remunerazione (WACC), a condizione che vengano raggiunti determinati obiettivi regolatori. Tale forma di regolazione è pertanto generalmente considerata favorevole al sostegno degli investimenti nei settori ad alta intensità di capitale.11
I regimi regolatori basati sul modello RAB fanno affidamento su previsioni che le società sono poi incentivate a “battere” con performance migliorative. Spesso tali regimi includono anche dei meccanismi di salvaguardia per consentire un adattamento a eventuali mutazioni delle circostanze esterne che possono avvenire nel corso del periodo di regolazione – si tratta di meccanismi di risk sharing o dei cc.dd. re-opener (rinegoziazioni del pacchetto regolatorio nella sua integralità) nel caso di circostanze impreviste a impatto sostanziale.
Il modello RAB costituisce il fondamento della regolazione di molti settori da oltre 25 anni e ben si è adattato in particolare a settori in cui la domanda è relativamente stabile e/o prevedibile nel tempo (come l’idrico wholesale).
Tuttavia, la pandemia di COVID-19 mette in luce difficoltà non indifferenti nel fissare un price cap sulla base di un modello RAB in un settore in cui la domanda è molto variabile o soggetta a shock periodici ad alto impatto. Le criticità sono principalmente di duplice natura.
- Incertezza circa il prezzo ottimale. Nel settore aeroportuale, le previsioni di traffico sono un input chiave nella determinazione delle tariffe, sia perché costituiscono un importante driver delle proiezioni di costo sia perché il totale dei ricavi regolati è diviso per le unità traffico previste al fine di determinare un corrispettivo massimo per passeggero. Pertanto, ove il grado di incertezza sul traffico futuro fosse elevato, sussisterebbe un rischio altrettanto elevato di fissare le tariffe a livelli inappropriati. Ciò potrebbe a sua volta generare considerevoli oscillazioni della redditività della società regolata, a seconda degli scostamenti tra il traffico effettivo e quello previsionale. Se le proiezioni fossero troppo ottimistiche e il traffico effettivo si attestasse ben al di sotto delle previsioni, le società andrebbero incontro a potenziali rischi di dissesto finanziario. Al contrario, se il traffico superasse le previsioni, i prezzi fissati potrebbero rivelarsi ben superiori al livello efficiente.
- Elevata volatilità dei prezzi a fronte di uno shock di domanda. Anche se il traffico potesse essere previsto con precisione, l’applicazione di un modello RAB in un contesto caratterizzato da uno shock della domanda potrebbe comunque condurre a esiti subottimali. Infatti, sebbene non sia chiaro esattamente quando e in che misura il traffico passeggeri si riprenderà dall’attuale pandemia, nel momento in cui ciò accadrà la ripresa sarà probabilmente lenta e graduale, nell’arco di un periodo di diversi mesi, se non di anni. Poiché la base di costo degli aeroporti è in larga parte fissa e perciò non varia al variare dei volumi, l’applicazione di un modello RAB-WACC a un aeroporto che ha registrato una significativa riduzione del traffico comporterebbe un forte aumento delle tariffe unitarie. Queste ultime potrebbero così raggiungere livelli economicamente insostenibili per i vettori aerei e al di sopra della disponibilità a pagare dei passeggeri. È evidente dunque la necessità di effettuare un bilanciamento tra la resilienza finanziaria dell’aeroporto e l’accessibilità economica dei servizi offerti, bilanciamento che rischia invece di essere compromesso proprio dall’applicazione di un modello RAB nella fase in cui il settore starebbe avviando la sua ripresa.
Potenziali adeguamenti del modello RAB
Alla luce di quanto sinora detto, qualora le autorità di regolazione fossero intenzionate a continuare anche in futuro ad applicare modelli RAB o simili meccanismi di controllo dei prezzi, sarebbe opportuno preservarne l’efficacia valutando alcuni adattamenti.
- Livellamento dei prezzi durante la fase di ripresa. Per evitare le criticità sopra esposte, cioè tariffe che impennano nella fase iniziale della ripresa e che poi si attenuano gradualmente di pari passo con la crescita del traffico, potrebbe essere opportuno approntare meccanismi volti a livellare la traiettoria dei prezzi. Ci sono diversi modi per ottenere questo risultato, ad esempio, modificando il profilo degli ammortamenti (ad es. utilizzando un ammortamento unitario) o capitalizzando una quota maggiore dei costi, che verrebbero recuperati in futuro. Quest’ultimo approccio è stato utilizzato per supportare lo sviluppo della rete di distribuzione del gas nell’Irlanda del Nord. In questo caso, si è constatato che, applicando un modello RAB classico, gli elevati costi fissi di costruzione della rete sarebbero stati inizialmente ripartiti su una base di clienti molto ridotta e solo successivamente, con l’aumentare dell’utilizzo della rete, le economie di scala che ne sarebbero derivate avrebbero portato a una diminuzione del prezzo. Per livellare l’andamento dei prezzi è stato perciò introdotto un meccanismo denominato “profile adjustment“. Tale meccanismo ha comportato che nei primi anni di operatività (a bassi volumi e a basso utilizzo della rete) venissero di fatto applicate tariffe di accesso inferiori al valore commisurato ai costi effettivi. Questi ricavi “mancati” venivano poi capitalizzati (attraverso la RAB), differendone il recupero nel futuro, in concomitanza a una fase di maturità della rete, caratterizzata da più elevati volumi e maggior utilizzo dell’infrastruttura.
- Condivisione dei rischi tra aeroporti e utenti. Come già discusso in precedenza, laddove gli aeroporti si assumano interamente il rischio traffico, l’incertezza sui volumi effettivi potrebbe condurre a considerevoli fluttuazioni dei ricavi, manifestandosi sotto forma di guadagni o perdite, a seconda del tipo di scostamento tra traffico effettivo e previsionale. Per mitigarne gli effetti, si potrebbe pensare di far maggior ricorso a meccanismi di condivisione del rischio traffico, come già avviene per alcuni aeroporti (ad esempio Aéroports de Paris e Aeroporti di Roma); tuttavia, occorre sottolineare che probabilmente le compagnie aeree avrebbero propensione e disponibilità limitate a sostenere (una parte di) questo rischio, in particolar modo in questa fase.
- Trattamento delle spese in conto capitale. In ragione della difficile prevedibilità del ritmo della ripresa, potrebbe essere necessario valutare una revisione degli attuali piani di investimento. Gli aeroporti e le autorità di regolazione dovranno accordarsi sull’opportunità di proseguire i progetti in corso o di rimandarne la costruzione, e su come i costi possano essere recuperati dagli utenti. Anche in questo caso sarà necessario trovare il giusto equilibrio, affinché, da un lato, non si ostacoli la realizzazione di investimenti potenzialmente vantaggiosi, mentre dall’altro, si evitino scenari in cui gli utenti attuali e futuri si trovano a sostenere costi per investimenti divenuti superflui.
- Incentivazione di performance migliorative. La maggior parte dei regimi regolatori RAB impone ulteriori vincoli agli aeroporti in aggiunta al price cap. Per esempio, molti aeroporti (ad es. l’aeroporto di Dublino, Aena) sono soggetti a schemi di regolazione dei livelli di qualità del servizio in forza dei quali possono essere penalizzati se non raggiungono determinati target (in alcuni casi possono anche essere ricompensati se superano gli stessi target). Molti dei target inclusi in questi regimi regolatori misurano la disponibilità di determinati impianti o attrezzature (ad es. nastri trasportatori per i bagagli) o rappresentano indicatori di servizio quali il tempo di attesa ai controlli di sicurezza o di frontiera. Questi target potrebbero però aver perso rilevanza in un contesto in cui l’aeroporto opera nettamente al di sotto della capacità prevista o nel caso in cui venissero introdotti nuovi protocolli operativi legati alla pandemia. In tali circostanze, potrebbe essere opportuno rivedere o allentare questi target, con l’obiettivo di preservare la resilienza operativa dell’aeroporto, garantendo comunque al tempo stesso il rispetto di alcuni standard minimi di qualità.
- Garantire adeguati margini di flessibilità per far fronte all’evoluzione delle circostanze esterne. Ciò potrebbe comportare, ad esempio, il depotenziamento degli incentivi alla performance o maggiori margini di flessibilità nell’attuazione dei piani di investimento per garantire che gli investimenti vengano effettuati solo nella misura realmente necessaria. In aggiunta, e più in generale, potrebbe essere auspicabile un maggior grado di pragmatismo regolatorio nel valutare se un aeroporto stia reagendo alle circostanze in modo appropriato, piuttosto che attenersi rigidamente a un contratto regolatorio.
- Valutare il tasso di remunerazione appropriato e la solidità finanziaria. Si tratta senza dubbio di temi destinati a risultare controversi; nondimeno, un tale shock alla domanda, di portata senza precedenti, solleverà certamente interrogativi sulla remunerazione da garantire agli investitori nel settore aeroportuale e aprirà un dibattito sulle misure che le autorità di regolazione potrebbero essere chiamate ad adottare per garantire la solidità finanziaria in caso di shock futuri di simile entità. A questo proposito, una delle questioni che si pone riguarda la necessità o meno di adottare un approccio diverso alla struttura del capitale – in particolare, sarà utile osservare se le autorità di regolazione cercheranno di imporre limiti alla leva finanziaria per ridurre il rischio di incorrere in difficoltà finanziarie.
Un’alternativa più radicale?
L’alternativa è un ripensamento regolatorio più radicale. Ciò potrebbe comportare il passaggio dall’approccio RAB a soluzioni più market-based, come accordi commerciali tra aeroporti e compagnie aeree durante la fase iniziale di ripresa, o potenzialmente su base più permanente. Consentire agli aeroporti e alle compagnie aeree di stipulare accordi tra loro potrebbe contribuire positivamente all’individuazione di soluzioni equilibrate che contemperino la necessità di ridurre i costi nel breve periodo, mantenendo perciò le tariffe a livelli più bassi, con i requisiti infrastrutturali di più lungo termine. Al verificarsi di forti shock, gli aeroporti che hanno stipulato accordi di lungo termine con le compagnie aeree possono fare ricorso a clausole di rinegoziazione previste nei contratti stessi.
In Europa esistono diversi esempi di regimi basati su negoziazioni (ad esempio negli aeroporti di Copenaghen e Gatwick), ed esistono anche precedenti in cui si è deciso di passare ad approcci simili proprio come diretta conseguenza del riconoscimento dei limiti del modello RAB nel far fronte agli shock di domanda. Dopo l’11 settembre, la Productivity Commission australiana ad esempio ha raccomandato il passaggio da un regime di price cap a un regime basato su accordi commerciali per gli aeroporti australiani, riconoscendo la difficoltà a stabilire un price cap affidabile e il grado di rischio regolatorio ad esso associato:
Se gli stessi operatori aeroportuali non sono in grado di prevedere cosa accadrà nei prossimi mesi o anni, è improbabile che le autorità di regolazione possano fissare dei price cap in grado di rispondere in modo efficiente alle future condizioni di mercato.12
Di conseguenza, i price cap sono stati sospesi nel 2002 e da allora le tariffe sono state determinate attraverso negoziazioni tra compagnie aeree e aeroporti, condotte in armonia con una serie di principi tariffari formalizzati e sotto il monitoraggio della Australian Competition and Consumer Commission (ACCC). La Productivity Commission ha recentemente riesaminato questo approccio confermandone l’adeguatezza.13
Infine, oltre alle considerazioni su eventuali adattamenti o modifiche degli attuali regimi regolatori, potrebbero altresì sorgere rinnovati interrogativi sulla necessità stessa di una regolazione economica, o sulla possibilità di attuarne una forma meno invasiva, in particolar modo in un momento in cui i governi stanno offrendo maggiore sostegno al settore. D’altro canto, la crisi potrebbe anche sollevare interessanti interrogativi sul grado di potere di mercato detenuto dagli aeroporti, ed è verosimile che le reazioni dei gestori aeroportuali durante e dopo la crisi possano essere esaminate ex post con l’intento di trarre indicazioni sull’esistenza o meno di un potere di mercato.
1 Il traffico passeggeri in Europa è cresciuto del 6,1% nel 2018 e del 3,2% nel 2019. ACI Europe (2020), European airports report slower passenger growth & declining freight in 2019, 13 febbraio.
2 ACI Europe (2020), European Airports’ Passenger Traffic in March 2020, aprile.
3 Ad esempio, le compagnie aeree hanno cancellato gran parte dei loro voli giornalieri, e gli aeroporti hanno chiuso le piste e gli edifici dei terminal. Alcuni hanno cessato per il momento del tutto le loro attività – easyJet ha lasciato a terra l’intera flotta per almeno due mesi e alcuni aeroporti (ad esempio London City) hanno avviato chiusure temporanee.
4 Ad esempio, l’Italia ha nazionalizzato Alitalia per evitarne il fallimento, mentre la Danimarca ha ricevuto l’approvazione della Commissione Europea per una garanzia pubblica fino a 137 milioni di euro per risarcire SAS dei danni subiti a causa della pandemia. La Commissione ha inoltre approvato un regime che consente agli aeroporti di Charleroi e Liège di rinviare il pagamento dei canoni di concessione al governo.
5 La regola è stata sospesa fino al 24 ottobre 2020.
6 Norwegian Government Security and Service Organisation (2020), Regjeringens strakstiltak for å dempe de økonomiske virkningene av koronaviruset, press release n. 45/20, 13 marzo, https://bit.ly/3bIrO5B.
7 Oxera (2020), A practical guide to the state aid rules to tackle the impact of COVID-19, Today’s Agenda, aprile, https://bit.ly/2Y7K2cU.
8 IATA Economics (2020), COVID-19 Initial impact assessment of the novel Coronavirus, 20 febbraio, https://bit.ly/2zAkmLP
9 Sulla base di Civil Aviation Authority, UK airport data, https://bit.ly/3aEVOhC.
10 Eurostat (2018), Overview of EU-28 air passenger transport by Member States in 2018, passengers carried.
11 Si veda ad es. Stern, J. (2014), The regulatory asset base and regulatory commitment, Agenda, febbraio.
12 Productivity Commission (2002), Price Regulation of Airport Services, Inquiry report n. 19, 23 gennaio, pag. XLIII.
13 Productivity Commission (2019), Economic Regulation of Airports, Inquiry report n. 92, 21 giugno.
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